GRANI ANTICHI
Prendono il nome di grani antichi tre cereali: farro monococco, farro dicocco e farro spelta, nonché altre varietà a seme nudo autoctone di varie regioni del Mediterraneo, del nord Europa e della Russia che venivano coltivate prima della cosiddetta rivoluzione verde, avvenuta a partire dalla seconda metà del Novecento. Prima della rivoluzione verde ogni regione in Italia aveva varietà particolari e uniche che comunque derivavano da attività di miglioramento genetico portate avanti da due grandi agronomi genetisti: Francesco Todaro e Nazareno Strampelli, incrociando varietà di grani con caratteristiche migliorative rispetto alla resistenza alla siccità, alle temperature delle varie regioni di provenienza, e con rese di produzioni interesanti. I grani derivati da questo miglioramento genetico sono un grande patrimonio di diversità nella nostra lunga penisola.
La Sicilia, con il suo clima caldo era la patria di grani duri particolari come il perciasacchi, chiamato così in quanto la forma caratteristica del chicco allungata e appuntita bucava i sacchi di juta, il Cuccitta, il Timilia, il Russello, grano duro caratterizzato da una resa elevata e un aroma particolare. Il Maiorca utilizzato per la produzione di farina per dolci.
In Toscana, per esempio, il grano tenero più diffuso era il Verna, il Gentilrosso in Umbria ed in Emilia Romagna.
Il Rieti ed il Terminillo sono grani teneri italiano, originari della zona di Rieti.
Il Solina, tipico dell’Appennino centrale. In Veneto troviamo perfettamente adattati il Piave ed il Tintoretto.
Un mosaico, insomma, di varietà di grano duro e tenero con una sola caratteristica in comune: l’altezza del fusto molto alta, con susseguente predisposizione al fenomeno dell’allettamento.
Dopo la metà del ‘900, il miglioramento genetico, la rivoluzione verde, avrà come obiettivo il miglioramento della produttività, della molecola del glutine al fine di rendere gli impasti più facili da lavorare e più strutturati, dell’abbassamento del culmo, per evitare l’allettamento e della resistenza alle malattie fungine.
Tra i grani antichi alcuni hanno storie veramente interessanti.
Farro monococco
Uno dei grani più antichi al mondo, si hanno tracce della sua coltivazione già 10.000 anni fa, è utilizzato per la produzione di farina per la preparazione di pane, focacce, dolci e altri prodotti da forno. Il farro monococco ha trasformato il percorso dell’umanità da cacciatore-nomade in stanziale-agricoltore.
Originario della “mezzaluna fertile”, l’attuale medio oriente, si è diffuso rapidamente in tutto il bacino mediterraneo.
In natura il seme contiene il patrimonio genetico della futura pianta e rappresenta la scommessa di sopravvivenza di ogni pianta. Per questo la Natura ha escogitato molti “sistemi” per allontanare il più possibile i semi dalla pianta madre e permettere la sua sopravvivenza e la propagazione. Ci sono semi che volano con il vento, altri appetibili agli animali (uccelli, piccoli roditori, scoiattoli, insetti) che rappresentano il loro vettore di allontanamento dalla pianta madre. Altri ancora galleggiano nelle acque dei ruscelli o del mare, pensiamo alla palme da cocco che raggiungono le isole trasportate dal mare. Insomma tutto nella perfetta economia del mantenimento della specie. In tutto questo un’anomalia: il farro monococco. Prima della nascita del farro monococco esisteva, ed esiste tutt’ora, una varietà “selvatica” (Triticum baeoticum) il cui chicco maturo si staccava dalla spiga cadendo ai suoi piedi, per essere disperso da formiche ed altri animali. Finchè una mutazione genetica naturale ( la natura è perfetta e affascinante!) che modificò la proteina che teneva attaccato il seme alla spiga anche dopo la maturazione. Questo fu notato e sfruttato a buon fine dai Babilonesi che poterono raccogliere le spighe, batterle per recuperare il seme per gli anni successivi, spogliarle dalle glumelle per poter macinare i chicchi e avere farina per cucinare il pane. Nasce così, e arriverà ai giorni nostri immutatata, la varietà Triticum monococcum
Questa graminacea deve il suo nome, monococco, alla presenza di un solo chicco nella gluma, farro spelta e dicocco ne hanno due. Questa caratteristica, che incide fortemente sulle rese, ha fatto perdere negli anni l’interesse economico alla sua coltivazione.
Il nostro farro monococco alla pendici del monte Subasio, a Spello
GRANO DURO SENATORE CAPPELLI
Un altro caso particolare nella storia dello sviluppo varietale dei grani è il grano duro Senatore Cappelli, che non si può strettamente definire un grano antico, ma che per le caratteristiche morfologiche e glutiniche favorevoli al nostro organismo possiamo inserirlo nella selezione genetica prima della rivoluzione verde.
Nasce ufficialmente nell’anno 1915, e il suo nome vuole essere un omaggio al diplomatico e marchese Raffaele Cappelli, che fu anche un noto senatore dell’antico Regno d’Italia. Il vero artefice della selezione del grano Cappelli , e di tante altre varietà di grani italiani, è il genetista agrario, lungimirante, visionario e colto: Nazareno Strampelli.
È a lui che si devono le prime sperimentazioni delle semine iniziali. La regione di riferimento è la Puglia. Strampelli, partendo dalla varietà tunisina Jean Rhetifah, ha creato la varietà Cappelli, dandole il nome del parlamentare. La selezione genetica operata da Strampelli ha generato un grano duro con profumo intenso, dal sapore particolare, di alta taglia (può arrivare a 150/160 cm), con reste lunghe e nere, buona resa per maggiore accestimento, adatto ai terreni rustici e poveri dell’Italia meridionale nel periodo fascista. L’altezza del grano lo rende adatto alle coltivazioni senza uso di diserbanti in quanto soffoca le erbe spontanee in modo naturale. Da esso si producono ottime semole per la pastificazione e la panificazione (il pane pugliese, per esempio, è fatto con semola rimacinata Cappelli). Purtroppo la necessità di maggiori rese e la caratteristica della loro altezza ha generato una continua selezione genetica migliorativa di grani teneri e duri di taglia più bassa, con rese maggiori, ma richiedenti concimazioni chimiche elevate a base di prodotti azotati di sintesi, diponibili a buon mercato nel periodo post bellico, nella riconversione dell’industria chimica bellica. Nel tempo i grani antichi e quelli a taglia alta,
sono rimasti la scelta primaria per le coltivazioni in terreni biologici, con pratiche agrarie a basso input.
Una spiga del nostro grano Cappelli in un campo di grano moderno. La forza della tradizione!
Nel linguaggio comune, quindi, vengono definiti “antichi” i tre farri e i grani selezionati nei primi anni del novecento per differenziarli da quelli moderni, ossia i grani nati dopo la rivoluzione verde, per venire incontro alle esigenze dell’industria alimentare che predilige farine forti e tempi di lavorazione più rapidi nel processo produttivo. La storia del grano è stata continuamente scandita dalla volontà di rendere questa pianta migliore, in termini di gusto e di adattabilità, e nella lavorazione della materia prima. Dopo anni di studi e ricerche per ottenere grani da lavorare in maniera facile e veloce, alla fine del Novecento, nuovi frumenti hanno cominciato a prendere il sopravvento nella coltivazione.
I grani antichi non subiscono variazioni delle loro proprietà, il loro gusto rimarrà più intatto e genuino e i loro valori nutrizionali non cambieranno. Le uniche modifiche possibili ai grani antichi possono essere rappresentate dagli incroci che avvengono in natura fra varie specie di frumenti di vecchia origine.
ASPETTI NUTRIZIONALI E DI UTILIZZO DEI GRANI ANTICHI
Piccoli accenni di chimica degli alimenti
Formazione dell’impasto e lievitazione
Il glutine è una lunga catena di proteine dove prevalgono le gliadine e le glutenine (si conoscono almeno una trentina di molecole appartenenti a questi due grandi gruppi di proammine, distinte per la loro dimensione). Entrando nello specifico, le glutenine contengono amminoacidi provvisti di molecole di zolfo sotto forma di gruppo -SH, la metionina e la cisteina. Una caratteristica del farro è quella di avere una grande quantità di metionina. Durante l’impasto, l’idratazione preventiva ed ottimale dello stesso, permette la formazione della cosiddetta “biga”, tramite l’assorbimento dell’acqua e lo sviluppo della rete glutinica, garantendo una migliore lievitazione e qualità finale dell’impasto. La forza operata durante impastamento della farina avvicina ulteriormente la gliadina e la glutenina favorendo la formazione del ponte disolfuro (-S-S-) e favorendo la formazione di una migliore rete glutinica, quella rete che ingloba la CO2 prodotta dai lieviti durantela fermentazione, formando negli impasti le occhiature più o meno grandi. La gliadina contribuisce l’estensibilità dell’impasto, mentre la glutenina conferisce all’impasto tenacità ed elasticità.
Fenomeni di intolleranza al glutine
La ricerca degli anticorpi antigliadina è tra le analisi di laboratorio che vengono effettuate per la diagnosi della celiachia. Grandi quantità di gliadina a basso peso molecolare sono tossiche per il microbiota intestinale, rendono permeabile la mucosa intestinale così da rendere possibile l’assorbimento di molecole tossiche che ingeriamo con gli alimenti, causando fenomeni di infiammazione della parete intestinale.
L’infiammazione appiattisce i villi intestinali diminuendo la superficie utile per l’assorbimento degli alimenti e generando fenomeni di malassorbimento di Fe e Ca (anemie, osteoporosi precoci). L’appiattimento dei villi intestinali e l’aggressione al microbiota può generare scompensi nella biodiversità del microbiota, con il susseguente proliferare di microbi che determinano il gonfiore postprandiale causato da sviluppo di gas anomali nell’intestino e possono portare alla celiachia. Nel lungo periodo possono comparire anche lesioni ulcerose intestinali ed incremento del rischio di sviluppo del carcinoma intestinale.
Per la lievitazione è fondamentale quindi, la presenza degli aminoacidi solforati, ovviamente maggiore è la quantità più grande sarà la maglia glutinica, maggiori saranno le dimensioni delle “bolle” di lievitazione. Per la nostra salute è l’esatto contrario.
Il grano varietà Manitoba, e tutta la categoria dei “grani di forza” ad esso simili, hanno centinaia di migliaia molecole di gliadine e glutenine. Il farro monococcco ha solo le gliadine ad alto peso molecolare e le glutenine con pochissimi gruppi -SH. La composizione di alcuni terreni di coltivazione può determinre nel farro monococco la sostanziale assenza dei gruppi -SH.
Gli impasti con farine di grani antichi hanno tempi di idratazione, di impastamento e di lievitazione più lunghi rispetto ai “grani moderni e, soprattutto di forza, proprio per la natura chimica del loro glutine. Ecco perché è più difficile e più lungo preparare gli impasti, perché non otterremo “grandi occhi” nell’impasto, ma avremo pane e pizza che rimarranno morbidi, profumati e buoni per molti giorni. Dalle nostre parti i nostri nonni usavano dire “pane di un giorno, vino di un anno”, infatti il pane preparato con i grani antichi, cotto in forno a legna, diventa più buono nei giorni successivi alla cottura. In passato era molto frequente trovare nei paesi il forno a legna della comunità, che si usava una volta a settimana, e tante erano le famiglie che facevano il pane che durava per tutta la settimana.
Ancora oggi, in Umbria, ci sono famiglie che hanno il loro forno a legna per cuocere pane e pizza.
Il pane è un alimento prezioso. Appena raffermo è ottimo e fragrante tostato a bruschetta, con una passata di aglio, un pizzico di sale e il nostro ottimo olio extravergine di oliva italiano. E’ anche ottimo per la preparazione della gustosa panzanella con pomodori, cipolla, basilico e olio extravergine.
Oggigiorno si usano sempre di più i grani moderni, per mancanza di tempo, di pazienza, di passione, e per venire incontro alle esigenze dell’industria che mira a soddisfare un mercato fatto prevalentemente da Consumatori che non conoscono i pregi nutrizionali dei cereali antichi.
L’agricoltura insegue le nostre scelte: facciamole corrette a beneficio della nostra salute!
Conedera dott.ssa Paola
Farmacista